“L’educazione è la chiave per il futuro”

Oltre alla politica, è la base sociale ciò su cui si poggia il percorso verde danese. Una lunga strada, iniziata all’inizio degli anni Sessanta con le prime organizzazioni e associazioni, passata per la creazione di un’agenzia apposita nel 1973, e giunta fino a noi con gli investimenti in cultura ed educazione. “Se veniva presa una decisione in Parlamento che non soddisfaceva la popolazione, eravamo, e lo siamo tuttora, pronti a mobilitarci”, assicura Jan, che continua scherzando: “Se tre danesi sono d’accordo su qualcosa creeranno un’associazione in difesa dell’idea”. Ma se l’inizio delle organizzazioni era contraddistinto dal contrasto su possibili scelte politiche in tema ambientale, come ad esempio sull’uso del nucleare, già negli Ottanta e Novanta gli esecutivi e i municipi si erano allineati con le associazioni.

L’istruzione è stato il primo passo. “L’educazione è la chiave per il futuro”, continua Jan Eriksen. “Se non educhi i tuoi bambini, non avrai un futuro per il tuo Paese”. La Danimarca, stando ai dati rilasciati dalla Banca Mondiale, spendeva nel 2014 il 7,6 per cento del pil in istruzione, contro una media mondiale del 4,8 per cento. “Spesso dico: ciò che non conosci non proteggi, terrai conto invece di ciò che ti è familiare e se amerai qualcosa lo difenderai. Se porti le persone a conoscere, ed eventualmente ad amare, saranno pronte anche a proteggere”, conclude Jan.

sciopero mondiale per il futuro Greta Thunberg Fridays for Future

La sfida è ridurre le emissioni di CO2 senza costi per i cittadini

“Quando parliamo di Copenaghen 2025 non bisogna dimenticare il lato economico”, afferma ancora il direttore esecutivo, concludendo: “Ciò che facciamo qui è sicuramente un lavoro legato alla CO2, ma cerchiamo anche di trovare un modo per farlo senza costi extra per i cittadini. Anche questa è una sfida”. La municipalità sta infatti lavorando ad un equilibrio della spesa pro capite. Ad alcuni servizi verranno infatti aumentati i prezzi, mentre altri saranno resi più economici, proprio per indurre il privato a puntare sulla cosiddetta transizione. 

Ma cosa c’è all’origine di questo progetto? La formula “segreta” è un mix tra impostazione culturale, possibilità sociale e humus politico. Le stessa formula che verrà usata nel secondo piano, del 2050, che punta ad una Danimarca totalmente libera dal carbone.

Si fa sera a Copenaghen e le strade, come nel più classico dei cliché, si riempiono di biciclette. In un bar vicino alla stazione centrale dei treni, Jan Eriksen, ex presidente della Fondazione per l’educazione ambientale, introduce il contesto per cui questo piano è stato possibile. “Questo è uno dei Paesi con la più alta tassazione perché comprendiamo la società nel suo totale – Jan è stato alla guida della fondazione dal 2004 al 2016 –; siamo pronti ad accettare una tassazione progressiva per assicurare a bambini e anziani ospedali gratuiti, biblioteche, educazione ed altro”. La Fondazione per l’educazione ambientale è, tra l’altro, l’organismo che ha dato vita alle bandiere blu. “Abbiamo iniziato molto molto presto”, racconta l’ex presidente. “La Danimarca è stata il primo paese ad avere un ministro alla Prevenzione dell’inquinamento, nel 1971”. 

copenaghen

Le aziende che partecipano vengono da tutto il mondo

Nordhavn, area portuale creata agli inizi della Prima guerra mondiale, è un sobborgo a nord del centro di Copenaghen. Pochi minuti di treno, per entrare nel cantiere della Danimarca del futuro. Con la crescita demografica della città, l’ex area portuale è al centro di un grande progetto pubblico-privato di rivalutazione. Ed è proprio qui che molte delle indicazioni usate per Copenaghen vengono prima testate. L’ufficio dell’EnergyLab Nordhavn si trova su uno degli ex moli del porto. “Noi uniamo l’esigenza del pubblico nel rispondere a determinate sfide con le competenze del privato”, spiega Christoffer Greisen, project manager del centro. “Le aziende che partecipano vengono in realtà da tutto il mondo, compresa l’Italia. Siamo un centro di sperimentazione urbana”. Gli uffici del laboratorio vengono usati anche come classi, “introduciamo studenti e turisti al complicato mondo dell’energia intelligente in modo che si crei cooperazione”, conclude Christoffer. 

La cooperazione è uno dei punti fondamentali anche del piano Copenaghen 2025. “Ciò che sta avvenendo non è esclusivamente localizzato a Copenaghen, ma è parte di un movimento globale. Quindi il dialogo è la chiave – le parole di Jorgen Abilgaard –. Abbiamo accordi di collaborazione con New York, Washington e Boston, per scambiare conoscenze. Nel mentre coinvolgiamo anche le aziende in questo processo”. Ma la capitale danese non si limita a lavorare con partner occidentali, nel 2012 ha infatti firmato un accordo di cooperazione con Pechino, proprio sul tema della sostenibilità urbana. 

autobus elettrici copenaghen danimarca 2030

Il piano Copenaghen 2025

Ma nel 2013, con un piano ambizioso, nella penisola dello Jutland e più precisamente a Copenaghen, qualcuno ha deciso di creare i retrovirus per un male che affligge ormai tutto il pianeta. Non una decisione piovuta dall’alto, ma frutto di una società che ha fatto della partecipazione e dell’incontro tra cittadini, aziende e pubblico uno dei suoi punti di forza. La ricetta per una nuova Silicon valley europea. “Il piano per azzerare le emissioni nette di CO2 a Copenaghen è un modo per mostrare al mondo che è possibile la transizione verso una neutralità di emissioni”, Jorgen Abildgaard, il direttore esecutivo del piano, ci incontra nell’edificio del comune dedicato alle questioni ambientali.

“Le città sono la chiave in questa transizione – continua il dirigente –, se guardiamo al contesto globale, le persone si stanno spostando verso i centri urbani. Secondo le analisi, se le infrastrutture nelle prossime decadi non saranno sostenibili non potremo risolvere il problema del riscaldamento globale”. Stando ai dati forniti dalle Nazioni Unite, nel 2014 la popolazione mondiale residente nelle città è stata pari al 54 per cento, rispetto al 30 per cento del 1950. Si calcola che nel 2050 la percentuale salirà fino al 66 per cento. “Penso che abbiamo un ruolo e Copenaghen vuole essere parte di quel ruolo”, aggiunge Jorgen Abildgaard, introducendo il tema. “Questa è la prima fase, ed è importante dirlo. Stiamo valutando maggiormente le soluzioni strutturali, quindi stiamo lavorando sul settore dell’energia, su quello dei trasporti e sulle abitazione private”.

La produzione di energia è al centro del piano 2025. L’eolico rappresenta attualmente il 55 per cento mentre la biomassa, su cui sta puntando la municipalità, ha superato il 18 per cento del fabbisogno totale. “Cooperiamo con le aziende per testare nuove soluzioni – continua il direttore esecutivo –. Abbiamo un dialogo per capire se possono funzionare le idee proposte e se operano in modo corretto, le testiamo”.

Vista di Copenaghen affacciata sul mare

Copenaghen, alle radici di una rivoluzione verde

La capitale della Danimarca, Copenaghen, vuol dar vita a una Silicon valley europea per lo sviluppo sostenibile. Un investimento che porterà presto i suoi frutti.

È una sfida lanciata al mondo e al futuro: Copenaghen prima capitale carbon neutral entro il 2025. Un percorso iniziato nel 2009, dopo la Cop 15, la conferenza sul clima delle Nazioni Unite organizzata proprio nella capitale danese. Fu un mezzo fallimento a livello internazionale, ma pose le basi per uno dei progetti ecologici, tra pubblico e privato, più interessanti del Vecchio continente. Il tema si ripete ormai con forza: contrastare i cambiamenti climatici. Nel 2017, nell’atmosfera sono state riversate oltre 36mila tonnellate di CO2 al livello globale. L’anidride carbonica è la “regina” delle emissioni di gas serra, con il 65 per cento del totale. Ai primi posti di questa triste classifica troviamo Cina, Stati Uniti, Unione europea e India.

Parco a Copenaghen